Bella quest'agenda. Appena l'ho vista me ne sono innamorato. Era
nascosta in una bancarella natalizia in Piazza della Vittoria. L'ho comprata in
un battito d'ali di farfalla, prima che volasse via. Doveva essere mia.
Custodirà tutti i miei pensieri senza se e senza ma. E se nel
frattempo dovesse riaffiorare qualche lontano ricordo, sicuramente troverà
l'ospitalità che si riserva a un amico lontano che pensavi di aver perso
irrimediabilmente e riabbracci con gioia.
Me l'ha venduta un giovane col pastrano verde che sapeva d'antico.
L'inconfondibile erre moscia che accompagnava la sua fonetica mi ha permesso di
identificarlo per quello che era: un piacentino!
Sapete come si dice dalle mie parti? “Piacentini ladri e assassini”… Ma
io non credo a questi proverbi paludati della bassa, coniati ad uso e consumo
di tifoserie da un secolo in combutta (ricordo un lontano Piacenza – Pavia 3-31
con lancio finale di ombrelli aperti – perché quel giorno pioveva di brutto e
non solo sul bagnato - in direzione di un arbitro in vena di manie di
protagonismo che concesse alla squadra ospite due rigori consecutivi nello
spazio di dieci minuti consentendo di riequilibrare un derby dalle sorti ormai
segnate).
Qualcuno potrebbe obiettare che quel giovane non fosse veramente di
Piacenza. In effetti non ho avuto il coraggio di rivolgergli l’unica domanda
che avrebbe potuto confermarlo tuttavia sono pronto a sostenere che il mio sopraffino
ed infallibile udito pur non essendo soggetto a verifica periodica né a
certificato di taratura può sbagliare solo di qualche kilometro.
Visto il margine di errore così irrilevante, al mio cospetto avrebbe
potuto esserci al massimo un abitante di Rivergaro. Avete presente Rivergaro? Ridente
e smaltato centro turistico ai piedi dei colli piacentini. Se così fosse le
pagine in carta grezza di questa agenda e le foglie stampate della copertina risentirebbero
dell’influsso benefico ed ispiratore del fiume Trebbia. Ma se così non fosse?
Se al mio cospetto ci fosse stato – ipotesi da non escludere a priori – ad
esempio un abitante di Monticelli d’Ongina (Muntzèi in dialectos)? Allora
sarebbe tutta un’altra storia.
Come si fa a chiamare un Comune, Monticelli d’Ongina? La mia musa
ispiratrice al massimo mi evoca il ricordo di un’unghia incarnita e nella
peggiore delle ipotesi un’angina pectoris. Il sito di wikipedia non è più
indulgente riportando a chiare lettere che il paese è noto per la produzione di
aglio.
Difficile parlare di paesaggi mozzafiato, molto più probabile incontrare
persone che il fiato te lo tolgono. Se così fosse le pagine interne appena un
po’ ingiallite e le foglie cadenti della copertina assumerebbero tutto un altro
significato.
In verità anni e anni or sono, quando il capello un po’ diradato ancora
riusciva ad occultare una piazza in nuce, visitai questo centro del nord Emilia
al confine con la provincia di Cremona per assistere ad una partita amichevole
dai toni surreali tra la plurititolata compagine ospite nonché rappresentante
del capoluogo di provincia (il Piacenza) ormai con un piede nella massima serie
e la squadra locale di dilettanti, una squadra fatta in casa (chi fa da sé fa per tre).
Il valore dell’evento sportivo era talmente inestimabile che anche mille
lire sarebbero state troppe. Così al cospetto di un bigliettaio improvvisato seduto
in una postazione che sapeva tanto di kit da picnic si decise (notate l’uso dell’impersonale per non
svelare per ovvi motivi di galanteria il nome della persona che mi aveva coinvolto)
di fare i portoghesi (nulla a che vedere con il famoso Special One). Serbo
ancora il ricordo di un campo sportivo spelacchiato intravisto dalle grate
ricavate da un muro in cemento che richiamava i decori del cimitero limitrofo.
Quando si dice toccare il fondo.
Per un supertifoso del Pavia quale io ero, seguire un’amichevole del
Piacenza costituiva un vero e proprio
sacrilegio se non fosse per il fatto che a distanza di qualche mese il baratro
divenne ancor più buio e profondo: dovetti assistere, sottolineo dovetti, alla
partita di Campionato Piacenza- Ascoli (4 a 0 per il Piace con gol di un
giovane Pippo Inzaghi in rampa di lancio).
Mi trovavo mio malgrado nella curva nord della Galleana circondato da
tifosi locali in completo rosso fuoco che saltavano e cantavano inneggiando
alla loro squadra del cuore (“tieni il tempo” avrebbero detto gli 883). Era il
26 marzo 1995, una serata che anticipava la primavera, con una brezza gentile
che accarezzava i cuori di amori mai sbocciati.
Per uno strano scherzo del destino mi ritrovavo nello stesso stadio che
undici anni prima2 aveva fatto da coreografia alla storica vittoria
della mia squadra del cuore, clandestino spettatore nella curva degli acerrimi
nemici. Se tutto questo ha una spiegazione, se tutto questo può essere
sintetizzato in una sola parola, allora questa parola è “amore”.
Cara agenda questa è la prima parola che voglio scrivere, in ricordo di
tempi passati che non dimenticherò.
1
il 16 ottobre 1983 il
Piacenza pareggiò 3-3 a Pavia grazie a due rigori concessi dall’arbitro Tonon
di Conegliano dopo essere stata in svantaggio per 3-1 2 il 26 febbraio 1984 il Pavia sconfisse il Piacenza
allo stadio Galleana con rete di Corti
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
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